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Il racconto di don Mario Limonta della battaglia di

San Martino del 1943

Gli archivi custodiscono gelosamente le pagine della nostra storia e, di quando in quando, concedono a ricercatori “insaziabili” di accedere a qualche documento, passato ai più inosservato. È quanto accaduto in questi giorni presso l’Istituto Nazionale “Ferruccio Parri” di Milano dove Carlo Cattaneo ha rintracciato una nota del sacerdote don Mario Limonta,cappellano del gruppo partigiano “Cinque Giornate”.Si tratta di sette pagine manoscritte, redatte con molta probabilità - visto il contenuto- alcuni giorni dopo la battaglia del San Martino del 14-15-16 novembre 1943. Fuggito con i feriti dall’accerchiamento tedesco, don Mario restò nella zona del Luinese per circa 15 giorni, ospite di giorno di alcuni parroci della zona e, di notte, di don Piero Folli per poi, il 2 dicembre raggiungere i suoi compagni in Svizzera. «Forza complessiva il giorno 14 Novembre n. 150 uomini (circa) 1 Colonnello Comandante il Presidio 7 Ufficiali 4 Sottufficiali 140 uomini di truppa circa Assistenza morale da parte degli ufficiali per la truppa: Ottima. Buoni i mezzi per l’assistenza fisica specialmente per vestiario e calzature. Vettovagliamento ottimo e abbondante il rancio: tutto però è stato procurato con colpi arditi a magazzini e depositi militari della provincia dagli stessi difensori di S. Martino. Buona l’assistenza dei comitati. Armamento buono ma leggero. 6 Mitragliere Br.37 con munizioni Fucili e caricatori in abbondanza Bombe a mano Br. e Oti numerose. Automezzi in ottima efficienza: 5 pneumatici dai nostri ufficiali, prelevandoli ad alcune caserme. (Da parte nostra un solo ferito da bomba a mano tedesca alla coscia destra! Prontamente medicato dal Cappellano). L’attacco – Avuto preavviso dell’avvicinamento nemico “Vallalta il g.14”. Domenica si entra in allarme alle ore 14. Alle ore 14.30 si scorge la prima puntata nemica da parte di S. Michele. Un fuoco iniziato dalle nostre postazioni vi costringe il nemico a ripiegare. Poco dopo altra puntata. Un ufficiale germanico chiede parlamentare. Cessa il fuoco da parte nostra e attendiamo invano l’ambasciata. Ci tengono in sospeso per appostarsi e aggirarci. Il colpo non riesce perché il Colonnello tenendo sempre sospeso il fuoco manda una pattuglia di 10 uomini col ten. Pizzato alle spalle del nemico. Alle ore 16 ricomincia il fuoco. Presi alle spalle dai nostri si ritirano lasciando sul campo una cinquantina di morti. Molti altri, un centinaio circa, visti cadere sotto il nostro tiro, vengono portati a valle. Pochi altri colpi da parte del nemico per proteggere la ritirata, poi silenzio! Alle ore 18 cessa l’allarme. Il nemico disfatto si è ritirato in valle. Nella notte arrivano tre altri automezzi con Fascisti, Tedeschi e Carabinieri. Da informazioni sicure oltre 2.000 circa erano pronti ad attaccarci. Informazioni ci avvertono che avremo un attacco aereo. Ce ne ridiamo! G[iorno] 15 Novembre – Lunedì - Pattuglia avanzata nostra avvista a Duno una colonna di nemici che salgono. Avvisati entriamo in allarme alle 9.30 del mattino. Parte il capitano Campodonico con 10 uomini per sorprendere il nemico a Duno. Alle ore 10.30 tre apparecchi in vista. Dopo un quarto d’ora inizia il bombardamento che dura un’ora e 40 minuti. Bombardamento, spezzamento e mitragliamento. Nessuna vittima solo un ferito leggero da due schegge all’addome subito estratte dal Cappellano. Il colpo del Capitano Campodonico ebbe pieno successo. Il nemico è costretto dopo numerose perdite a suonare la ritirata su Duno. 10 uomini erano stati inviati la sera prima sulla cima del monte alla Chiesetta S. Martino. A bombardamento cessato sotto il quale la casermetta S. Giuseppe ebbe solo poche avarie prodotte da spostamento d’aria, alle ore 11,30, ricomincia da parte del nemico un attacco concentrato di accerchiamento. Riescono ad occupare la cima dove il nostro piccolo presidio si era eclissato. Venne pure a mancare il presidio per fuga dinanzi alla caserma. Il nemico riorganizzatosi a Duno riesce ad occupare le nostre posizioni e la caserma viene in loro mani. Il Colonnello fermo e deciso a resistere fino all’ultimo colpo imparte ordini. Il panico prodotto in alcuni dal bombardamento ottiene il suo effetto disgregativo. Le postazioni avanzate su Cassano sono rimaste deserte per diserzione. Il presidio inglese è scomparso. Alle ore 14,30 ci si trincera in galleria. Resistenza ad oltranza. La mitraglia posta sopra la caverna centrale del comando tace. Deve essere ricuperata. Esce attraverso una feritoia battuta da mitragliatori nemici il Cappellano con un uomo. Sotto la raffica nemica l’arma veniva ricuperata e fatta passare attraverso le feritoie in galleria e appostata all’entrata principale. Asserragliati come si era, si resisteva all’intero fuoco nemico e alle numerose bombe a mano. Odore acre di polvere, scoppi e grida di gioia da parte dei nostri per ogni vittima nemica. Morale degli uomini elevatissimo; si contendevano il posto alle armi e alle feritoie per essere sempre pronti al tiro. Disprezzo della vita, convinzione del proprio dovere, ardore di battaglia e desiderio di incontrare a viso aperto il nemico contenuto a mala pena dalla fermezza del Colonnello il quale calmo passeggiava rincuorando. La situazione era diventata aspra e difficile ma si era tutti impegnati come un sol uomo! 3 ore continue di lotta e di trinceramento in galleria. Le mitraglie crepitavano facendo strage di tedeschi e feriti che tentavano inutilmente di entrare e disperdere la difesa. Ordine di piazzare le mine in galleria nei punti vitali. Il Colonnello avvertì che un quarto d’ora prima dello scoppio, protetti dal fuoco delle nostre armi e dal crepuscolo, si uscirà dalle gallerie per andare a valle. Alle ore 5¼ ho ordine di uscire con i feriti e portarmi nelle postazioni avanzate. Eseguiamo e mi inoltro nelle gallerie! Ore 5.30 al primo scoppio la mina ha ottenuto il suo effetto, significa che i nostri sono usciti dalla galleria. Scendo per Cassano e porto in salvo i feriti. Il resto con il Colonnello e gli ufficiali punta su Grantola. Notizie certe danno un piccolo scontro del nostro gruppo a Grantola, poi attraverso la Val Marchirolo passano il confine svizzero! Conclusioni: esito della battaglia in completo sfavore per i Tedeschi e Fascisti che lasciano sul campo nelle due giornate di combattimento un migliaio tra morti e feriti. Perdite nostre in battaglia nessuna: 4 feriti non gravi. In rastrellamento il nemico pare abbia catturato una ventina dei nostri. Dopo sevizie da parte dei fascisti questi gloriosi difensori di S. Martino venivano trucidati e dileggiati precipitandoli nei burroni. I funerali di queste vittime, rese quasi tutte irriconoscibili dalle barbarie dei Fascisti, vennero proibiti dalla autorità fascista. Dopo una ufficiatura solenne nella Chiesa di Canonica e di Mesenzana venivano tumulate nei cimiteri dei due paesi ottenendo che i loro fratelli ritornando lassù li riportino con amore dove hanno combattuto. 1 apparecchio abbattuto

9 marzo 2018 - Francesca Boldrini