ANCHE A LUINO CINQUE PIETRE D’INCIAMPO

CHE COSA SONO LE PIETRE D’INCIAMPO?

Le pietre d'inciampo (in tedesco Stolpersteine) sono un'iniziativa dell'artista tedesco Gunter Demnig per depositare nel tessuto urbanistico e sociale delle città europee, una memoria diffusa dei cittadini deportati e trucidati nei campi di sterminio nazisti Le pietre verranno collocate davanti all’ultima residenza delle vittime della follia nazifascista: una in via Amendola, un’altra in via Vittorio Veneto, una terza in via San Pietro e due in via XXV Aprile.

ECCO LE VICENDE DEI CINQUE DEPORTATI LUINESI, UCCISI NEI CAMPI DI STERMINIO NAZISTI, RICOSTRUITE, ATTRAVERSO UNA RIGOROSA RICERCA STORICA
DA FRANCESCA BOLDRINI


BRUNO BALZARINI

Bruno Balzarini Ermenegildo, di Serafino e di Erminia Piazza, nacque a Vergiate (Va) il 10 giugno 1901.
Operaio nello stabilimento Mona di Somma Lombardo, nel 1930 si trasferì a Busto Arsizio, dove trovò lavoro come salumiere.
Il 26 novembre 1931, a Legnano, contrasse matrimonio con Teresa Caterina Bordigoni che lo rese padre di Carlo (Legnano, 5 novembre 1931) e di Bruna (Luino, 13 maggio 1935).
Da Busto Arsizio si spostò, il 18 agosto 1932, a Luino, dove prese a gestire una caffetteria.
Stabilì la sua dimora inizialmente in via Carmine n. 8 e, successivamente, in via Vittorio Veneto n. 23, poi in viale Bagnati (ora Amendola) n. 3 e, alla fine, in corso Umberto I (ora via XXV Aprile) n. 19.
Dal 16 settembre al 16 novembre 1943 fece parte della formazione partigiana “Gruppo Cinque Giornate”, acquartierata sul monte San Martino, in Valcuvia, agli ordini del ten. col. Carlo Croce, occupandosi del recupero di armi e viveri.
Dopo la cruenta battaglia del 14-15 novembre 1943 contro i nazifascisti, tornò a Luino e si aggregò alla formazione Lazzarini.
Il 12 febbraio 1944 fu arrestato dai tedeschi per aver svolto attività partigiana e, secondo la testimonianza della figlia Bruna, perché: «era al corrente che un suo conoscente nascondeva un inglese.
Furono arrestati in parecchi ma singolarmente.
Venivano prelevati un po’ per giorno.
I tedeschi volevano avere informazioni sull’inglese».
Condotto dapprima nel carcere dei Miogni a Varese, passò al carcere San Donnino a Como e, poi, al carcere S. Vittore a Milano (VI Raggio, matricola n. 1.502, cella n.100). Da lì, il 27 aprile 1944, fu trasferito al campo di concentramento di Fossoli (Mo) dove ebbe come numero di matricola il 261.
Il 12 luglio 1944, con altri 66 prigionieri politici, venne fucilato dalle SS tedesche al poligono di tiro di Cibeno, frazione di Carpi (Mo) e sepolto in una fossa comune.
«La motivazione “ufficiale” delle forze di occupazione è la rappresaglia per l’attentato partigiano avvenuto il 25 giugno 1944 al bar Olanda di via del Campo a Genova, ma le cause reali della strage sono riconducibili a una strategia che si proponeva di eliminare i prigionieri più pericolosi in vista dello smantellamento del campo».
La riesumazione delle salme avvenne il 17 e il 18 maggio del 1945 e fu la moglie Teresa a riconoscerne la salma designata col n.56.
Fonti:
-Archivio di Stato di Varese, Foglio Matricolare, anno 1901, matricola 29659.
-Archivio Comune di Luino, cat. VIII, cart. 299, fasc.8.2.17 - 1945 Morte di militari; cart. 304 – 1947 Morte di militari.
-Comune di Merate, Archivio Lazzarini.
-Archivio De Tomasi, Varese, Sezione Deportati Mauthausen, Balzarini Bruno.
-Francesca Boldrini,”Se non ci ammazza i crucchi...ne avrem da raccontar”.
La battaglia di San Martino - Varese 13-15-novembre 1943, Cgil Spi, Editore Mimosa, Milano 2006, pp. 68, 184.
-Anna Maria Ori, Carla Bianchi Iacono, Metella Montanari, Uomini, nomi, memoria. Fossoli, 12 luglio 1944, Fondazione ex Campo di Fossoli, 2004, p. 32.
-Claudio Macchi, Antifascismo e Resistenza in provincia di Varese, Macchione, Varese 2017, Tomo I p. 289; Tomo II, p. 74.
-Balzarini Bruno, in «Il Lavoratore Varesino», 26 maggio 1945.
-http://www.straginazifasciste.it/wphttp content/uploads/schede/Cibeno_Fossoli_Carpi_12_luglio_1944.pdf


VITTORIO LUPANO

Vittorio Lupano, di Anselmo e di Ruziska Maria, nacque a Sarajevo (Iugoslavia) il 24 settembre 1919.
Celibe, di professione meccanico, si era trasferito a Luino da Verona il 20 aprile 1934, stabilendo la residenza prima in corso Umberto I n. 19, poi in via Ronchetto n. 20 e, infine, in viale Bagnati n. 26 (oggi viale Amendola).
Nel settembre del 1939 fu chiamato al servizio militare di leva e assegnato alla Scuola Elettricisti della Regia Marina di Taranto, dove rimase per circa un anno.
Col grado di sergente elettricista fu imbarcato sulla motonave Lero che venne poi affondata in un’azione di guerra nel mar Egeo il 20 ottobre 1942.
Salvatosi dal naufragio, Vittorio fu portato sull’isola di Rodi.
Il 15 luglio 1943 gli fu concessa una licenza, ma il 27 luglio divette rientrare a Venezia ove rimase in servizio fino all’8 settembre, quando fece ritorno presso la famiglia che risiedeva a Luino (Va).
Per non collaborare con le forze nazifasciste, il 20 ottobre 1943, si unì alla formazione partigiana “Gruppo Cinque Giornate”, acquartierata sul monte San Martino, in Valcuvia, al comando del ten. col. Carlo Croce.
Dopo l’epilogo del violento scontro della formazione con ingenti forze nazifasciste avvenuto il 15 novembre 1943 e la dispersione del gruppo partigiano, Lupano si diede alla macchia.
In seguito a delazione di una spia che si era confidata con il fascista Giovanni Melfi, come risulterà poi dal rapporto stilato dalla Milizia ferroviaria di Luino il 18 febbraio 1944: «[...] certo Lupano, residente a Luino, circolava in città, armato di rivoltella e con tutta probabilità doveva far parte di un nucleo antinazionale sedente a Voldomino», sorpreso in casa con delle armi, fu arrestato dai tedeschi l’11 febbraio 1944 e trasferito al carcere milanese di S. Vittore (Raggio VI, matricola n. 1499, cella 89).
Sul registro di S. Vittore il nome di Lupano è scritto nella colonna che porta, lungo il margine sinistro, la dicitura «Campo di concentramento».
Fu poi deportato prima nel campo di concentramento di Fossoli e poi, come Schutz haftling (prigioniero politico, deportato per motivi di sicurezza), nel campo di sterminio di Mauthausen.
Al suo arrivo ebbe come segno di riconoscimento da apporre sulla giubba, un triangolo rosso con la sigla della nazione di appartenenza IT (Italia).
Da Mauthausen venne trasferito il 3 luglio 1944, per tentata evasione, nel campo di rieducazione e di lavoro (Arbeitserziehungslager) di Schorgenhub nei pressi di Linz, dove «decedette per malattia» il 3 dicembre 1944, come da comunicazione della Croce Rossa Italiana del 19 luglio 1946, in cui anche si dice che fu «sepolto nel cimitero di Wegscheid 425».
[Le dichiarate cause di morte erano quasi sempre fasulle, come ha ben documentato Sarah Helm in un suo libro, dedicato al campo di Ravensbrük, dove asserisce, alla luce di testimonianze e documenti, che, nel campo di concentramento, chi doveva riempire i certificati di morte era autorizzato a scegliere la causa e che le ceneri, che venivano consegnate alla famiglia dietro pagamento, non appartenevano alla salma del deceduto].
Fonti:
-Archivio Comune di Luino, cat. VIII, cart. 299, fasc.8.2.17 -1945 Morte di militari; cat. 302, fasc.8.2.17 Lupano Vittorio.
-Comune di Merate, Archivio Lazzarini.
-Archivio De Tomasi, Varese, Sezione Deportati Mauthausen, Lupano Vittorio.
-Francesca Boldrini,”Se non ci ammazza i crucchi...ne avrem da raccontar”. La battaglia di San Martino - Varese 13-15- 1943, Cgil Spi, Editore Mimosa, Milano 2006, pp. 70, 175.
-Franco Giannantoni, Fascismo, Guerra e società nella Repubblica Sociale Italiana. (Varese 1943-1945), Franco Angeli, Milano 1984, p. 227.
- Sarah Helm, Il cielo sopra l’inferno, Newton Compton editori, Roma 2015, pp. 160, 161.
-Claudio Macchi, Antifascismo e Resistenza in provincia di Varese. I protagonisti, Macchione, Varese 2017, Tomo I, p.149-150; Tomo II, pp. 64.
-Elia Mondelli, La visione di mia madre mi ha aiutato a vivere, Il Laboratorio, Bollate 2000, p. 59.


AURELIO MORO

Aurelio Moro, di Pietro e di Carmela Viola, nacque ad Agra (Va) il 19 aprile 1905.
Di professione muratore da giovane e poi cuoco, contrasse matrimonio con Luigia Astesi, da cui ebbe i figli Emilio, nato a Milano il 1° maggio 1928 e Carmela, nata a Milano 21 aprile 1936.
Si trasferì, il 21 ottobre 1927, da Maccagno a Luino, andando ad abitare prima in via L. Confalonieri n. 2 e poi in via S. Pietro n.16.
Dopo un periodo di soggiorno a Milano, ritornò a Luino il 21 ottobre 1941.
Nel 1937 «fu ammonito per favoreggiamento di espatri clandestini, per motivi politici.
Nel dicembre dello stesso anno, per atto di clemenza del Duce, tale provvedimento gli fu revocato».
Visti i suoi comportamenti da antifascista, il 9 giugno 1942 fu segnalato per la vigilanza dalla Regia Prefettura di Milano alla Regia Questura di Varese.
Intento a trasportare sulla sua barca un gruppo di ebrei e di antifascisti da Luino verso la Svizzera, il 28 febbraio 1944, in località Pino sul Lago Maggiore fu arrestato dalla Guardia di Finanza allertata da una spia.
Tradotto il 12 aprile 1944 nel carcere di San Vittore a Milano (VI Raggio) fu trasferito il 27 aprile 1944 nel campo di concentramento di Fossoli, poi di Bolzano e il 7 agosto 1944 nel campo di sterminio di Mauthausen con la qualifica di Schutz haftling (prigioniero politico, detenuto per motivi di sicurezza).
Al suo arrivo ebbe come numero di matricola il 82448 e, come segno di riconoscimento da apporre sulla giubba, un triangolo rosso con la sigla della nazione di appartenenza IT (Italia).
Passò poi il 24 agosto 1944 al sottocampo di Gusen, dove fu assassinato il 24 aprile 1945.
Fonti:
-Archivio di Stato di Varese, Foglio Matricolare, anno 1905, matricola 3101.
-Archivio di Stato di Varese, Questura di Varese. A8-scatola7, Mor-Nic, 62.
-Casellario Politico Centrale dello Stato, Moro Aurelio, b. 3423. Anno1937-1942.
- Archivio Comune di Luino, cat. VIII, cart. 302, fasc.8.2.17 Aurelio Moro.
-Archivio De Tomasi, Varese, Sezione Deportati Mauthausen, Moro Aurelio.
-Claudio Macchi, Antifascismo e Resistenza in provincia di Varese. I protagonisti, Macchione, Varese 2017, Tomo I, p. 481; Tomo II, p. 66.
-Brunello Mantelli, Nicola Tranfaglia, Il libro dei deportati. Vol. I: I deportati politici 1943-1945, Tomo 2, Ugo Mursia Editore, Milano 2009, p. 1476.
Scheda redatta da Francesca Boldrini.


GUGLIELMO SATRIANI

Guglielmo Satriani, di Domenico e di Rosina Bisogni, nacque a Briatico (Cz) il 7 aprile 1908.
Dal 1925 al 1930 fu arruolato nella Regia Marina col grado di Sottocapo specialista dei sommergibili, prendendo parte a numerose spedizioni.
Entrò poi, il 30 giugno 1930, nel Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza.
Da Trieste fu trasferito a Luino con il grado di vice brigadiere, dove il 10 novembre 1938 contrasse matrimonio con Luigia Barbesta che lo rese padre l’8 gennaio 1942 di Pierangelo Domenico, stabilendo la dimora in via Vittorio Veneto n. 22.
I fatti dell’8 settembre lo portarono ad aderire alla formazione partigiana “Gruppo Cinque Giornate”, acquartierata sul monte San Martino, in Valcuvia, agli ordini del ten. col Carlo Croce, senza però lasciare il suo posto di lavoro.
Nel febbraio del 1944, tradito da una spia, fu arrestato dai tedeschi e tradotto al carcere S. Vittore a Milano (Raggio VI, matricola n. 1502, cella 42). ).
Sul registro di S. Vittore il nome di Satriani è scritto nella colonna che porta, lungo il margine sinistro, la dicitura «Campo di concentramento».
Successivamente fu deportato nel campo di concentramento di Fossoli, e, poi il 5 agosto 1944, nel campo di sterminio di Mauthausen dove giunse il 7 agosto 1944 con la qualifica di Schutz haftling (prigioniero politico, detenuto per motivi di sicurezza).
Al suo arrivo ebbe come numero di matricola il 82517 e, come segno di riconoscimento da apporre sulla giubba, un triangolo rosso con la sigla della nazione di appartenenza IT (Italia).
Da Mauthausen venne trasferito nel sottocampo di Gusen, dove fu assassinato il 24 novembre 1944.
Fonti:
-Archivio Comune di Luino, cat. VIII, cart. 299, fasc. 8.2.17 - 1945 Morte di militari; cart. 303, fasc. Elenco partigiani; cart. 306, fasc. Onorificenze militari.
-Comune di Merate, Archivio Lazzarini.
-Archivio De Tomasi, Varese, Sezione Deportati Mauthausen, Satriani Guglielmo.
-Francesca Boldrini,”Se non ci ammazza i crucchi...ne avrem da raccontar”.
La battaglia di San Martino - Varese 13-15-novembre 1943, Cgil Spi, Editore Mimosa, Milano 2006, pp. 72, 184.
-Franco Giannantoni, Fascismo, Guerra e Società nella Repubblica Sociale Italiana (Varese 1943-1945), Franco Angeli, Milano 1984, pp. 271, 745-746.
-Claudio Macchi, Antifascismo e Resistenza in provincia di Varese.
I protagonisti, Macchione, Varese 2017, Tomo I, p.153; Tomo II, p. 78.
-Brunello Mantelli, Nicola Tranfaglia, Il libro dei deportati.
Vol. I: I deportati politici 1943-1945, Tomo 3, Ugo Mursia Editore, Milano 2009, p. 1928
Scheda redatta da Francesca Boldrini.


ORLANDO VISCHI

Orlando Vischi, di Carlo e di Maria Mescolotti, nacque a Voldomino (Va) il 9 giugno 1914.
Da Voldomino la sua famiglia si trasferì a Luino il l° ottobre 1919 andando ad abitare in via Voldomino n. 19 e poi in via Pescatori n. 2. Di professione spedizioniere, Orlando era coniugato, dal 4 agosto 1938, con Iolanda Cabiale.
Dal 9 dicembre 1938 al 12 dicembre 1940 visse a Ventimiglia (Imperia) dove nacque, il 9 aprile 1939, la figlia Maria Angela, mentre l’altro figlio Gianfranco vide la luce a Luino, il 23 giugno 1940.
Ritornato a Luino stabilì il suo domicilio in corso Umberto I, n.19 (ora via XXV aprile).
Richiamato alle armi il 6 aprile 1935, partecipò:
- dal 15 gennaio al 5 maggio 1936 alle operazioni svoltesi in Africa Orientale coll’11° Reggimento Alpini, Battaglione Intra;
- dall’11 giugno al 2 novembre 1940 alle operazioni sul Fronte Occidentale col 1° Reggimento Alpini, Battaglione Arroscia;
- dal 7 febbraio al 29 aprile 1941 alle operazioni di guerra sul Fronte Greco-Albanese, col 7° Reggimento Alpini, Battaglione Belluno.
Rimpatriato il 30 aprile del 1941, in seguito a ferite riportate in combattimento, venne ricoverato dapprima nell’ospedale di Teramo e, successivamente, in quello di Novara e, nel 1942, ebbe il riconoscimento di invalido di guerra.
In seguito ai fatti dell’8 settembre, per non collaborare con le forze nazifasciste si aggregò, nell’ottobre del 1943, alla formazione partigiana “Gruppo Cinque Giornate”, acquartierata sul monte San Martino, in Valcuvia, al comando dal ten. col. Carlo Croce.
Dopo l’epilogo del violento scontro della formazione con ingenti forze nazifasciste e la dispersione del gruppo partigiano, avvenuto il 15 novembre 1943, Vischi, per non arruolarsi nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana si diede alla macchia.
Per delazione di spia fascista fu arrestato dai tedeschi l’11 febbraio 1944 e trasferito al carcere milanese di S. Vittore (VI Raggio), per poi essere deportato prima al campo di concentramento di Fossoli e poi al campo di sterminio di Mauthausen dove giunse il 7 agosto 1944 con la qualifica di Schutz haftling (prigioniero politico, detenuto per motivi di sicurezza).
Al suo arrivo ebbe come numero di matricola il 82551 e, come segno di riconoscimento da apporre sulla giubba, un triangolo rosso con la sigla della nazione di appartenenza IT (Italia).
Da lì Vischi fu trasferito nel sottocampo di Gusen, dove venne assassinato il 10 marzo 1945.
Fonti:
-Archivio di Stato di Varese, Foglio Matricolare, anno 1914, matricola 38309.
-Archivio Comune di Luino, cat. VIII, cart. 299, fasc.8.2.17 - 1945 Morte di militari.
-Comune di Merate, Archivio Lazzarini.
-Archivio De Tomasi, Varese, Sezione Deportati Mauthausen, Vischi Orlando.
-Francesca Boldrini,”Se non ci ammazza i crucchi...ne avrem da raccontar”.
La battaglia di San Martino - Varese 13-15-novembre 1943, Cgil Spi, Editore Mimosa, Milano 2006, pp. 73, 184.
-Claudio Macchi, Antifascismo e Resistenza in provincia di Varese. I protagonisti, Macchione, Varese 2017, Tomo I, p. 153; Tomo II, p. 80.
-Brunello Mantelli, Nicola Tranfaglia, Il libro dei deportati. Vol. I: I deportati politici 1943-1945, Tomo 3, Ugo Mursia Editore, Milano 2009, p. 2233
Scheda redatta da Francesca Boldrini.